L’immagine allegata diventerà emblematica nei prossimi decenni: il 6 dicembre 2020, l’agenzia spaziale cinese ha pubblicato la foto della bandiera rossa sulla Luna scattata dalla sonda automatica CHANG’E 5. Un paio di anni fa pubblicammo un nostro approfondimento dal titolo “Una Luna cinese” (si veda questo indirizzo), evidenziando gli enormi progressi tecnologici e scientifici della CNSA (Chinese National Space Agency). Senza incidenti di rilievo, con un leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia (dovuto ad alcuni problemi occorsi durante lo sviluppo del razzo vettore), essa ha inviato cinque sonde robotiche verso la Luna (con tre allunaggi di successo) e lanciato questa primavera una sonda verso Marte (di cui parlammo brevemente qui, ma su cui torneremo in occasione dell’arrivo a destinazione), mentre nel recente passato aveva già messo in orbita due stazioni spaziali (ora rientrate in atmosfera) con una dozzina di astronauti cinesi. L’anno prossimo inizierà l’assemblaggio dei primi moduli della futura stazione spaziale TIANGONG 3, che sarà ultimata in 24 mesi con una dozzina di lanci: con una massa di 66 tonnellate e lunghezza di circa 20 metri potrà ospitare tre astronauti per un periodo di almeno dieci anni. Entro il 2023 partirà la CHANG’E 6, un’altra missione verso la Luna che prevede il ritorno a Terra di materiale prelevato nella zona polare Sud; più avanti a fine decennio, la CNSA ha già autorizzato una missione per esplorare un asteroide, due sonde robotiche in grado di riportare a terra campioni di suolo marziano e una sonda per l’esplorazione di Giove e suoi satelliti.
Tornando al programma di esplorazione lunare, il logo stesso delle missioni ne indica le finalità: due impronte umane al centro di una falce di Luna crescente; obiettivo che la CNSA dichiara prudentemente fattibile all’inizio negli anni trenta.
La missione CHANG’E 5, partita il 23 novembre 2020, ha riportato a Terra circa 2 kg di suolo e roccia lunare: detto così sembra semplice, ma occorre sottolineare che tale impresa finora è riuscita solo a russi e americani durante il periodo della guerra fredda; inoltre l’ultima volta ciò avvenne nel 1976 con la sonda sovietica LUNA-24, notando che finora i sovietici erano i soli ad avere effettuato un’ascesa automatica dal suolo lunare con le tre missioni LUNA 16/20 e 24.
L’architettura della missione ricorda molto quella modulare dell’APOLLO: il razzo Lunga Marcia 5, alto 57 m e pesante 870 ton (per contro il Saturno V circa era alto 111 m e pesava circa 2’970 ton), aveva a bordo una sonda completamente automatica formata da quattro moduli distinti: modulo orbitante, di discesa, di ascesa e di rientro. Un viaggio di 112 ore permise al convoglio cinese di raggiungere l’orbita lunare e dopo altre 30 ore il modulo di discesa/ascesa si staccò da quello orbitante/rientro per effettuare un allunaggio morbido nella zona nord dell’Oceano delle Tempeste: un sito geologicamente interessante in quanto formato da lava basaltica relativamente giovane e mai campionato dalle precedenti missioni APOLLO e LUNA. La foto a colori della superficie lunare è stata scattata poche ore prima della ripartenza dal suolo selenico, mentre la sonda americana LRO dalla sua orbita bassa a solo 20 km di altezza, ha ripreso anche il lander; al momento della discesa il sito prescelto era al terzo giorno di insolazione (un dettaglio non trascurabile, perché non era previsto a bordo un sistema di riscaldamento e pertanto era fondamentale effettuare tutte le operazioni entro una decina di giorni prima dell’arrivo della gelida notte lunare).
In soli 48 ore, tramite bracci estensibili equipaggiati con paletta e trivella, si raccolsero campioni della regolite e del sottosuolo. Il modulo di ascesa accese i motori di lancio il 3 dicembre e in soli 6 minuti si portò in orbita stabile in attesa del rendez-vous automatico (il primo in assoluto mai tentato!) con il modulo orbitante a circa 230 km di quota (il lift off dalla superficie lunare fu ritrasmesso in diretta tramite social senza traduzione e con pochissimi dettagli: sembra che l’inclinazione del modulo di ascesa fosse più elevata del previsto e quindi potenzialmente in grado di provocare un fallimento). Dopo che i preziosi campioni furono spostati nel modulo di rientro, quello di ascesa fu sganciato e lasciato precipitare sulla Luna; il 13 dicembre si accesero i quattro motori del modulo orbitante, il cui volo di ritorno durò circa 3 giorni; finalmente il modulo di rientro, alle 18 UTC del 16 dicembre 2020, circa 88 ore dopo la ripartenza dall’orbita lunare e una delicata manovra di rimbalzo balistico sull’alta atmosfera terrestre, atterrò con successo nella Mongolia interna (vedi foto)
L’analisi dei campioni è appena iniziata; al solito le informazioni rilasciate dall’agenzia spaziale cinese sono assai parche e, nonostante la portata storica di questa missione, i nostri media l’hanno totalmente ignorata. I dati scientifici che si attendono aiuteranno a datare con precisione la formazione del bacino originale, a perfezionare le teorie di formazione della Luna e la chimica della regolite lunare: questi campioni sono i più giovani riportati a Terra (vecchi di circa 1’200 milioni di anni) rispetto alle rocce sovietiche e americane che sono circa tre volte più antiche e inoltre sono stati prelevati a circa 2 metri nel sottosuolo. In pratica gli scienziati hanno a disposizione dei minerali puri che risalgono ad un periodo ignoto durante l’evoluzione del sistema solare: a quel tempo sulla Terra c’era vita in abbondanza, e i processi geologici hanno cancellato qualsiasi campione di allora. A bordo c’erano altresì alcuni semi di piante che saranno analizzati per valutare l’esposizione alla radiazione e danni al DNA durante i 23 giorni di permanenza nello spazio.
Inoltre ciò che resta della CHANG’E 5 (ovvero il modulo orbitante), dopo aver rilasciato il prezioso modulo di rientro, ha riacceso i motori per una seconda missione che prevede il suo posizionamento intorno al punto lagrangiano L1 Terra-Sole che si trova a circa 1,5 milioni di km dalla Terra in direzione del Sole, laddove la forza di gravità dei due corpi si annulla. Un sito strategico per lo studio della nostra stella sede dei satelliti solari SOHO e ACE oltre che di LISA pathfinder come descritto in questo nostro articolo.
I record di questa missione:
.Primo rendez-vous fra due sonde in modalità automatica
.Prima ripartenza in automatico dal suolo lunare (record da condividere con l’agenzia spaziale sovietica) dopo oltre 44 anni di attesa
.Terza nazione al mondo a riportare campioni di suolo lunare a Terra
Il mese scorso, ad inizio dicembre 2020, la Cina ebbe due missioni operative sul suolo lunare: infatti il modulo di allunaggio CHANG’E 4 e il suo robot YUTU-2 sull’emisfero nascosto erano e sono ancora in funzione: allunata il 3 gennaio 2019 la sonda è attiva e ha appena visto la sua 26° alba (al momento della scrittura di questo articolo). Sulla Luna, il periodo diurno e quello notturno equivalgono entrambi a 14 giorni sulla Terra e questa sonda, alimentata a energia solare, passa in modalità dormiente durante la notte lunare.
Il successo arride alla CNSA che ha già in cantiere la prossima CHANG’E 6 (in pratica una gemella della 5) per completare la loro prima fase dell’esplorazione selenica mentre già si discute di altre due/tre missioni (7, 8 e 9) da effettuare nel corso del decennio. I ritmi non sono quelli della guerra fredda: infatti sono passati tredici anni dalla CHANG’E1 che fu la prima sonda cinese a raggiungere l’orbita lunare. Probabilmente la rincorsa alla Luna potrebbe accelerare nel momento in cui anche altre agenzie spaziali diano un seguito effettivo ai numerosi proclami degli ultimi anni: qualche settimana fa, la ROSCOSMOS russa ha annunciato che il 1° ottobre 2021 sarà lanciata LUNA-25 dalla base di Baikonur. Il programma ARTEMIS americano è in pieno sviluppo: la NASA ha selezionato un primo gruppo di 18 astronauti tra cui saranno scelti i primi a tornare sulla Luna nel 2024 (probabilmente una data molto ottimistica) e già quest’anno si prevede il lancio verso il nostro satellite della missione robotica ARTEMIS-1.