Osservatorio Astronomico Sormano - Sormano (CO) Italy

Nel settembre del 1916 sulle riviste scientifiche Nature e Astronomical Journal comparve un articolo dell’astronomo statunitense Edward Emerson Barnard riguardante la scoperta di una stella nella costellazione dell’Ofiuco: una minuscola e solitaria stellina, una nana rossa dotata di una magnitudine apparente di 9,4 (quindi assolutamente invisibile ad occhio nudo), grande quasi il doppio di Giove, 4000 volte meno luminosa rispetto al Sole, 2000° C più fredda e dotata solo del 16% della sua massa. Viene dunque naturale chiedersi come sia possibile che un oggetto tanto insignificante abbia potuto attirare l’attenzione di due delle maggiori riviste specialistiche dell’epoca. Certo, le nane rosse hanno di per sé un indubbio fascino dal punto di vista scientifico in quanto sono le stelle più longeve dell’universo poiché la loro piccola massa consente di bruciare lentamente e con parsimonia le riserve di combustibile. L’oggetto in questione, ribattezzato Stella di Barnard, ha un’età stimata in oltre 10 miliardi di anni e non è arrivato neppure a metà del suo ciclo vitale! Questo fatto da solo, tuttavia, non può bastare a giustificare il clamore suscitato.

Ciò che rende unica la Stella di Barnard è l’incredibile velocità con la quale si muove nel cielo: si tratta infatti dell’oggetto dotato del maggior moto proprio (ossia il moto apparente di una stella nella volta celeste dovuto al suo movimento rispetto al Sole) tra tutti quelli conosciuti. Questo significa innanzitutto che la Stella di Barnard è un oggetto molto vicino al Sole. Il fatto che possiamo vederla spostarsi significativamente nell'arco di pochi anni, mentre tutte le stelle circostanti restano pressoché immobili, è un po' come guardare al di fuori del finestrino di una macchina in movimento: gli oggetti in primo piano sfrecciano via rapidamente, quelli lontani appaiono quasi fermi. Le misurazioni hanno poi confermato una distanza inferiore a 6 anni luce, che la rende la stella più vicina a noi dopo il sistema di Alpha Centauri. Ovviamente non è solo la distanza limitata a renderla così rapida al punto da farle ottenere il soprannome di runaway o stella fuggitiva. Questo oggetto presenta anche un elevatissimo moto intrinseco: i dati più recenti mostrano una velocità di ben 142 Km/s rispetto al Sistema Solare. Questo significa che in “soli” 180 anni la Stella di Barnard è in grado di percorrere in cielo una distanza pari al diametro apparente della Luna o che, in poche migliaia di anni (meno di 8), diventerà l’astro più vicino a noi superando Proxima Centauri e arrivando a soli 3,7 anni luce dal Sole. Un oggetto dunque unico nel suo genere, la cui fama è inoltre aumentata negli anni ’60 grazie all’astronomo olandese Peter Van de Kamp che, dopo lunghe ricerche, annunciò la presenza di due pianeti di tipo gioviano attorno alla Stella di Barnard. Se oggi una notizia del genere passerebbe quasi inosservata in virtù delle centinaia di pianeti extrasolari conosciuti, all’epoca la notizia suscitò un grosso clamore e anche un notevole scetticismo da parte della comunità scientifica. Nonostante tale atteggiamento fosse giustificato (recenti studi hanno definito molto improbabile l’esistenza dei due corpi) fu sufficiente a stuzzicare la fantasia: negli anni ’70, infatti, venne varato il Programma Dedalus, uno studio quinquennale volto a realizzare una sonda spaziale interstellare in grado di raggiungere la Stella di Barnard in 50 anni allo scopo di approfondire gli studi. L’ambizioso, impegnativo e costosissimo progetto (definito dai suoi ideatori “scientificamente fattibile”) ebbe termine nel 1978.

Nell’immagine a fianco, scattata la sera del 26 maggio 2015, la Stella di Barnard è indicata dai due tratti azzurri.

Nell’animazione si evidenzia il notevole percorso effettuato tra il 2003 ed il 2015 con una ripresa intermedia effettuata nell’estate del 2009

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