Il nostro subconscio davanti a un’immagine casuale cerca sempre di ricondurla a oggetti di forme note: questa illusione si chiama pareidolia e le costellazioni ne sono un esempio lampante. L’Orsa Maggiore, il Cane Minore, il Cigno, l’Ariete ... tutto sembrano tranne che un plantigrado, un canide, un volatile, un ovino... La foto riprende la catena di Markarian nella Vergine e alzi la mano chi non ci veda un clown sorridente?
Una stringa di otto galassie che fanno parte del super ammasso della Vergine che ospita anche il Gruppo Locale e la Via Lattea (si veda questo approfondimento: link), il cui nome ricorda un astrofisico sovietico del secolo scorso.
Con un binocolo astronomico da 8 cm, sotto un cielo privo di inquinamento luminoso, è relativamente facile vedere le due grandi galassie ellittiche M84 e M86; invece con un telescopio amatoriale si possono scovare anche alcuni NGC: una breve esposizione fotografica, permette infine di evidenziare molte galassie più’ deboli.
M86 è’ la più’ luminosa, brillando di magnitudo 8.9: si trova a 53 milioni di anni luce e mostra un vistoso spostamento verso il blu, indice di un avvicinamento alla Via Lattea con una velocità’ relativa di almeno 860'000 km/h. Invece con una recessione quadrupla, M84 di magnitudo 9.1, distante 55 milioni di anni luce, ospita al suo centro un buco nero super massiccio da oltre 1.5 miliardi di masse solari.
Le due galassie interagenti NGC 4438 e 4435, soprannominate come “Occhi di Markarian” sono a circa 52 milioni di anni luce: la seconda mostra una giovane popolazione stellare in prossimità’ del nucleo, originatasi circa 200 milioni di anni prima, durante lo “scontro galattico” quando si sfiorarono raggiungendo la minima distanza reciproca di soli 16'000 anni luce, sei volte inferiore alla distanza attualmente osservabile: anche NGC 4438 ospita un buco nero super massiccio e alcune bande oscure di gas visibili nella nostra foto. Recenti studi indicano un’ulteriore interazione con la vicina M86, essendo stati osservati filamenti di gas fra le due galassie nella banda infrarossa.
Ma la protagonista di questo approfondimento è la “bocca del clown”: NGC 4388, una galassia a spirale a 57 milioni di anni luce che brilla di magnitudo 11. E’ una galassia Seyfert, ovvero molto attiva (simile ai quasar) con elevata luminosità’ superficiale causata anche dal solito buco nero super massiccio centrale il cui disco di accrescimento emana radiazioni UV e X con peculiari righe di assorbimento. Una fra le centinaia di miliardi di stelle che compongono NGC 4388 ha deciso di dare spettacolo, esplodendo come una brillante supernova di tipo Ib di magnitudo 13 (un approfondimento su questi fenomeni lo si trova nel nostro sito a questo link) denominata SN2023fyq.
La nostra foto della catena di Markarian è stata ripresa con il newton 8 pollici f/3.8 dell’Osservatorio di Sormano, nel corso del mese di marzo 2023 e, per evidenziare la SN, la sera del 9 agosto 2023 abbiamo effettuato un breve scatto di pochi secondi solo alla galassia ospite.
La nomenclatura delle supernove è composta dalla sigla SN seguita dall'anno della scoperta e da un suffisso di una, due o tre lettere. Le prime 26 supernove dell'anno ricevono le lettere maiuscole dalla A alla Z; quelle successive sono designate mediante suffissi di due o tre lettere minuscole: aa, ab, ....
La loro scoperta nell’epoca analogica era un interessante ambito di ricerca per l’astronomia amatoriale: un paziente confronto fra riprese a tempi diversi della stessa galassia, combinato con una notevole dose di fortuna, poteva far emergere una nuova stella: in questo modo si arrivava a qualche decina o centinaia di supernove all’anno. Oggi la scansione robotica e digitale del cielo notturno combinato con l’uso di algoritmi intelligenti portano a decuplicare questo valore (1632 scoperte nel 2014, 7102 nel 2017, 19320 nel 2020 e ben 19461 l’anno scorso); la SN in questione fu individuata il 17 aprile scorso dal telescopio di 48” del monte Palomar nell’ambito del progetto ZTF (Zwicky Transient Facility), che, accoppiato a un CCD da 600 megapixel, riprende un’area di 47 gradi quadrati (circa duecento volte la Luna piena), scansionando il cielo notturno boreale ogni due giorni alla ricerca di fenomeni ottici transienti.
Ricordiamo infine che l’uso del presente in astronomia è fuorviante: quando diciamo che SN 2023fyq si mostra ora nel cielo, facciamo riferimento a un fenomeno avvenuto nel passato. Nel nostro caso ben 57'000 millenni or sono che è il tempo necessario per permettere al fronte luminoso di raggiungerci (si veda anche questo approfondimento: link).