Osservatorio Astronomico Sormano - Sormano (CO) Italy

Chiedete ai vostri amici quale sia la stella più vicina: Alfa Centauri, Sirio, Vega, Polare, no Proxima Centauri potrebbe dire qualcun’altro ben informato (infatti dista solo 4.22 anni luce). Pochi in realtà diranno che la stella più vicina è .... il Sole, che distando 8 minuti luce batte la 2° in classifica (per l’appunto Proxima, qui indicata nella foto) di ben 267’000 lunghezze: ovvero se mettessimo la Terra al centro di San Siro ed il Sole a centrocampo, Proxima la troveremo nei pressi di Palermo a 1’200 km! Se poi allarghiamo il raggio di un fattore cinque e quindi ci portiamo a circa 20 anni luce, troviamo altre cento trenta stelle che fanno da compagnia al Sole (fra cui Sirio a 8.6 anni luce e che è la più luminosa). Sono distanze così incomprensibili per il cervello umano da non riuscire a comprenderle appieno: come si fà ad immaginare spazi sconfinati così vasti e vuoti? L’astronave più veloce mai costruita dall‘uomo (la Voyager 2 che viaggia a 17 km/s) impiegherebbe 75'000 anni per arrivare a Proxima: occorre trovare un’alternativa alla propulsione chimica, ma questo sarà oggetto di un’altro approfondimento, e pertanto torniamo a casa nostra.

La nostra calda stella ci illumina con una potenza spaventosa: a metà del secolo scorso  si determinò la costante solare (pari a 1’367 W/m2) ovvero l’energia che ogni secondo investe un metro quadrato sull’orbita terrestre al di fuori dell’atmosfera: ovvero pari a venti lampade di discreta luminosità. Se facciamo qualche moltiplicazione ci rendiamo conto che nel corso di un’ora l’energia solare che investe la Terra sotto forma di radiazione elettromagnetica equivale al consumo annuale di energia primaria dell’intera umanità (circa 13 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente nel 2013)! Anche considerando che solo la metà di essa raggiunge la superficie terrestre e che, di questa, solo una piccola porzione sia attualmente utilizzabile, rimane sempre una fonte pressochè infinita di energia: infatti l’uomo ha inventato numerose applicazioni per sfruttarla per cui, tramite la combustione degli idrocarburi liberiamo l’energia solare immagazzinata nei fossili in tempi geologici, mentre con i pannelli solari, le turbine ad acqua o vento, ed i biocombustibili utilizziamo l’energia attualmente disponibile. Solo tramite l’energia nucleare, l’uomo ha inventato un modo per non dipendere dal Sole: infatti in questo caso si libera l’energia che fu spesa per formare gli atomi pesanti (Uranio e Torio) nella supernova primordiale da cui è emerso il Sistema Solare! Ecco perchè, se e quando impareremo a viaggiare fra le stelle, avremo bisogno di una fonte energetica nucleare.

La Terra rispetto al Sole è molto piccola al punto che la nostra stella potrebbe contenere più di un milione di pianeti di taglia simile; quando noi osserviamo il Sole, esso ci appare con un diametro di 32 minuti d’arco, ma se potessimo invertire la prospettiva scopriremmo che la Terra vista dal Sole appaia come un puntino cento volte più piccolo (17 secondi d’arco). Questo significa che l’effettiva potenza del Sole è oltre 2 miliardi di volte maggiore di quella che riceve la Terra  e che, pertanto in pochi milionesimi di secondo, il Sole produce al suo interno tutta l’energia che l’uomo ha consumato nel corso dell’ultimo secolo! Per chi è interessato si può calcolare che la potenza complessiva del sole è di 380 YW (yotta=10^24).

Ma che cosa alimenta questo fuoco eterno? Per millenni l’uomo si è interrogato sulla fonte energetica che accende il Sole e le altre stelle: palla di fuoco per gli Egizi o ferro arroventato per i greci e i romani, solo nell’ottocento si sviluppò una solida teoria fisica che prevedeva il Sole come un corpo liquido in raffreddamento ed irradiante energia per compressione idrostatica: penna alla mano, si scoprì che, se ciò fosse stato vero, il Sole avrebbe avuto un età di qualche decina di milioni di anni: dato in deciso contrasto con le teorie geologiche che prevedevano tempi cento volte maggiori (questa teoria oggi spiega perchè Giove e Saturno emettano più energia di quella che ricevono)! Le teorie evoluzionistiche di Darwin (meta secolo XIX) non trovavano quindi riscontro nella presunta età del Sole e furono fortemente osteggiate dai creazionisti: la scoperta della radioattività naturale ad inizio del XX secolo e delle tracce di Elio e Carbonio negli spettro solare, diedero spunto agli scienziati del tempo i quali, avendo ora a disposizione una fonte energetica interna di natura non chimica, finalmente risolsero l’enigma ipotizzando che il Sole fosse un reattore a fusione nucleare tenuto in equilibrio dalla sua stessa massa.

Oggi questa teoria è stata verificata da innumerevoli esperimenti e prove: le reazioni avvengono nel nucleo del Sole, che comprende il 10% del suo volume, dove la temperatura raggiunge circa 14 milioni di gradi ad una densità 13 volte superiore al piombo e pressione di 500 miliardi di atmosfere; in queste condizioni la materia ordinaria diventa un plasma (gas ionizzato) e i protoni (nuclei dell’Idrogeno) si combinano per formare Elio rilasciando energia. Infatti se a temperatura ordinaria gli atomi si muovono a qualche km/s, nel centro del Sole essi raggiungono velocità cento volte superiori; un protone ultrarapido può scontrarsi con un altro con tanta energia che la loro repulsione elettrica non riesce a tenerli separati, ed essi si avvicinano al punto che la forza nucleare forte (quella che lega i nuclei atomici e quark nei nucleoni) cerca di tenerli uniti. Ma anch’essa non potrebbe vincere da sola contro la repulsione elettromagnetica (non esiste un nucleo fatto da protoni soltanto) e quindi interviene la quarta forza fondamentale (la più elusiva ed anche la più strana), la forza nucleare debole, che, trasformando un protone in un neutrone (decadimento beta+) tramite l’espulsione di un positrone (antiparticella dell’elettrone) ed un neutrino, permette al nuovo sistema formato da un protone e dal neonato neutrone di rimanere legati: si è formato un nucleo di deuterio (acqua pesante) ed un elettrone positivo. Quest’ultimo fa poca strada e si annichilisce rilasciando energia sotto forma di fotoni gamma duri (511 keV), mentre il deuterio ha una certa probabilità di scontrarsi con un altro protone ultrarapido, formando un nucleo (anch’esso stabile) di Elio 3 con ulteriore rilascio di energia; infine due nuclei di Elio leggero possono fondersi formando Elio 4 rilasciando una coppia di protoni che tornano liberi ad alimentare la catena termonucleare. In tutto questo processo quattro atomi di Idrogeno hanno formato un atomo di Elio con una perdita di massa pari a circa lo 0.7% che viene rilasciata sotto forma di energia secondo la formula E=mc^2. In soldoni, per rilasciare quell’immane energia ogni secondo (380 YW), il Sole consuma Idrogeno al tasso di circa 4.2 milioni di tonnellate al secondo: un numero spaventoso, che però é pari a solo lo 0.000000000007% della sua massa totale (quella descritta è la reazione p-p che è la predominante nel Sole, ma ne esistono altre simili)! Ciò significa che il Sole  possiede una carica di Idrogeno sufficiente per mantenere stabili le reazioni nucleari per 10 miliardi di anni: noi ci troviamo nel mezzo del suo cammino, in una fase matura e stabile che durerà ancora per eoni. Questa stabilità è frutto dell’enorme scontro fra titani: forza gravitazionale che tende a fare collassare la stella contro forze nucleari che la farebbero esplodere; per fortuna la forza debole è assai “debole” e quindi il tasso di formazione del deuterio è bassissimo, altrimenti il Sole consumerebbe tutto il suo Idrogeno in breve tempo. La durata di questa fase dipende solo dalla massa iniziale della stella: quelle di massa solare muoiono quando si riducono a sfere ultra compatte fatte di Carbonio ed Ossigeno dopo avere attraversato convulse fasi finali (con formazione di bellissime nebulose planetarie). Nelle stelle massicce l’eterna sfida fra gravità e forze nucleari continua repentinamente fino alla formazione del Ferro, dopodichè la gravità prende il sopravvento e la stella collassa con immani esplosioni di Supernova formando alla fine una stella di neutroni oppure un buco nero a seconda della massa iniziale.

Ma torniamo al Sole: l’energia emessa sotto forma di fotoni, viaggia alla velocità della luce (18 milioni di km al minuto nel vuoto) e quindi si suppone che raggiunga la fotosfera (ovvero la superficie solare) in qualche secondo, essendo il raggio del Sole pari a circa 700 Mm; invece no... questi fotoni devono attraversare il plasma ionizzato che è opaco. Pertanto questa radiazione emessa come raggi gamma molto duri, attraverso infiniti scontri (ordine di grandezza 10^22 processi di assorbimento  e riemissione) si degrada nel percorso, perdendo via via energia, fino ad assumere lo spettro delle frequenze che vediamo nei prismi solari (il Sole è una stella gialla di tipo spettrale G con temperatura media superficiale di 5’700 K). Morale della favola, dopo qualche decina di migliaia di anni (questo è il tempo medio per percorrere il tragitto) il nostro fotone, liberato dalla reazione nucleare negli strati interni del Sole ad energie molto alte, si è degradato fino a qualche eV ed è finalmente libero di viaggiare in linea retta alla velocità della luce: dopo 8 minuti potrà arrivare anche sulla Terra. Esistono in commercio dei simpatici gadget in cui una leggera lastra metallica bicolore che, quando esposta ai raggi Solari, ruota all’interno di un bulbo sottovuoto raccogliendo parte della quantità di moto di questi fotoni. Oltre ad essi, il Sole, come le altre stelle, emette anche un flusso di particelle dalla sua atmosfera superiore chiamato vento solare e formato da plasma di Idrogeno (73%) ed Elio (25%) ed altri elementi in tracce; questo vento raggiunge la Terra alla velocità media di 450 km/s quindi con un ritardo di circa 3÷4 giorni rispetto ai fotoni. Quindi le numerose sonde in orbita solare, avvisano gli scienziati a terra con notevole anticipo nel caso di brusche esplosioni e/o protuberanze affinchè gli astronauti in orbita, i satelliti artificiali, ed anche le infrastrutture a terra per la trasmissione di energia, siano preparati a fronteggiare il passaggio di queste raffiche. Anche se siamo ai primordi per questa tecnologia, di recente sono stati testati dei satelliti in grado di utlizzare questo vento come fonte primaria per la propulsione nello spazio: il satellite IKAROS dell’Agenzia Spaziale Giapponese (vedi immagine) ha impiegato ben 6 mesi per andare verso Venere con questa tecnica, un piccolissimo passo verso la propulsione interstellare vaticinata da qualche scrittore di fantascienza.

Riprendiamo il processo di formazione del deuterio: la fusione di due protoni libera anche un neutrino, una particella leggerissima che risente solo della forza debole e che viaggia in linea retta, allontanandosi dal luogo di formazione quasi alla velocità della luce (miliardi di neutrini solari attraversano ogni secondo il nostro corpo senza provocare alcun effetto: e ciò succede anche di notte, in quanto la massa della Terra non ne influenza il cammino). Numerosi laboratori artificiali disseminati nel mondo ed anche in Italia (Borexino e Icarus presso i Laboratori nazionali del Gran Sasso dell’INFN), riescono a captare i neutrini solari, consentendoci di verificare che essi effettivamente arrivano dal Sole e che nel suo nucleo la fusione nucleare funziona anche oggi.

L’uomo comune, non avendo a disposizione un rivelatore di neutrini, può osservare il Sole (sempre con indonei filtri) ad occhio nudo e/o con ausilio ottico: fin dai tempi di Galileo, si osservarono delle macchie sulla sua superficie, ovvero aree ben definite della fotosfera che ci appaiono più scure a causa della loro temperatura più bassa (4’000 K circa). Si tratta di regioni ad intensa attività magnetica, nelle quali la convezione (ovvero la risalita dell’energia dagli strati interni del Sole, e che è visibile nel resto della superficie sotto forma di granulazione) risulta indebolita dal forte campo magnetico. Le macchie solari più grandi possono estendersi anche per migliaia di chilometri con dimensioni pari o superiori al diametro terrestre; inoltre il numero di macchie solari visibili sulla superficie del Sole non è costante, ma varia durante un ciclo solare di undici anni. Normalmente, durante il minimo solare le macchie sono assenti o molto esigue; quelle che appaiono si trovano di solito alle alte latitudini (lontane dell'equatore). Man mano che il ciclo prosegue, avanzando verso il massimo, le macchie si fanno sempre più frequenti e tendono a spostarsi verso le zone equatoriali della stella. C’è una stretta correlazione fra clima terrestre e cicli solari, avendo notato come nei secoli passati le stagioni fredde siano occorse in periodi di minimo solare prolungato (ma questo sarà oggetto di un approfondimento futuro).

Possiamo pertanto affermare che, per buona pace degli ambientalisti, il Sole e le stelle funzionano ad energia nucleare: attraverso complicate trasformazioni essa arriva a noi sotto forma radiante (onde EM), cinetica (vento, acqua) e chimica (fotosintesi, idrocarburi). Nell’ultimo secolo abbiamo imparato a produrre energia frantumando atomi pesanti (fissione nucleare); quando (e se) impareremo a ricreare una stella in laboratorio capace di fornire energia illimitata, tramite una reazione di fusione controllata, non ci è dato modo di sapere.

Per finire un piccolo aneddoto: quando ci sdraiamo al Sole in estate per la classica tintarella, non facciamo altro che irradiarci di radiazione UV prodotta dal Sole parecchio tempo fà tramite una reazione nucleare: grazie all’atmosfera terrestre e all’ozono in essa contenuta, questa dose assorbita non reca danni permanenti se presa con moderazione (a parte eritemi e/o arrossamenti)... quindi la prossima volta che qualcuno vi chiede cosa fate in spiaggia, potrete tranquillamente affermare che state assorbendo radiazione fossile prodotta dal Sole quando i  Neanderthal passeggiavano in Europa.





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