Osservatorio Astronomico Sormano - Sormano (CO) Italy

Homo Sapiens calpesta il suolo terrestre da decine di migliaia di generazioni; i luminosi puntini che rallegrano la volta celeste durante la notte hanno sempre affascinato l’umanità fin da quando il linguaggio divenne il nostro sistema di comunicazione principale; l’archeoastronomia è un divertente passatempo per comprendere miti e credenze tuttora diffuse nel mondo, che spesso hanno in comune una visione “centrista” dell’universo (sia essa geocentrica oppure eliocentrica). Uno strano cocktail fatto di presunzione evolutiva, mancanza di strumenti e d’immaginazione ha fatto si che l’uomo pre-tecnologico ponesse al centro del creato la Terra oppure il Sole, i quali, insieme alla Luna, sono stati per millenni gli ingombranti protagonisti di una sgraziata danza nel cielo. L’eredità di questo pensiero pervade anche il linguaggio: pur conoscendo i moti terrestri di rivoluzione e rotazione, ci chiediamo a che ora sorge il Sole o tramonta la Luna. Per secoli si è pensato che l’universo fosse limitato a 8 corpi celesti (i 5 pianeti visibili ad occhio nudo, più la triade precedente) e alle stelle fisse che a differenza dei pianeti parevano immutabili nelle loro posizioni (ancorché dotate di moto rivolutivo attorno alla terra): tutta la materia era riconducibile ad Aria, Terra, Fuoco e Acqua. L’idea che il Sole fosse un’enorme palla di fuoco resistette per tutto il cammino evolutivo umano e solo nel secolo scorso si dimostrò come la sua sorgente energetica non è di natura chimica.

Nel 1600 una serie di scoperte scientifiche minò indelebilmente il paradigma dominante: un’astronomo polacco (Copernico) e uno scienziato italiano (Galileo) scossero le fondamenta del sapere declassando la Terra quale centro del creato e mettendo al suo posto il Sole; la struttura geocentrica, così funzionale alle religioni monoteiste, subì un duro colpo e si difese strenuamente. Ad esempio Giordano Bruno, uno dei più rivoluzionari pensatori dell’epoca, il primo ad aver posto le basi intellettuali della relatività, pagò con la vita l’aver presunto l’esistenza di altri mondi abitati, terminando i propri giorni sul tristemente noto rogo di Campo dei Fiori. Il progresso inarrestabile, grazie alle scoperte di Keplero e di Newton, demolì la semplicità sferica del creato: l’enunciazione delle leggi della meccanica celeste schiacciò pregiudizi, credenze e anche l’orbita terrestre, che da circolare diventò ellittica con il Sole decentrato in uno dei due fuochi. Negli ultimi due secoli, i quattro elementi fondamentali sono stati sostituiti dai 92 elementi stabili della tavola periodica e dai loro 3’000 isotopi; si è capito che le stelle funzionano ad energia nucleare, e e persino lo spazio e il tempo si sono dovuti piegare al “relativismo” imperante. Si è scoperto che tutta la materia è strutturata in atomi, che lungi dal significato del proprio nome (“a-tomo” che non si può tagliare), possono essere a loro volta scissi in elementi più piccoli. Sempre in quel periodo si intuì che alcune delle macchie lattiginose, visibili al telescopio, sono di origine extragalattica. Il Sole era diventato quindi un’anonima stellina fra le centinaia di miliardi della Via Lattea, in orbita attorno al centro galattico; nel 1930 la scoperta di altri universi isola (galassie) ridimensionò ulteriormente la nostra idea di un universo creato per noi!

Ci troviamo in una periferia così estrema che ci vergogniamo dello spazio intorno a noi: proviamo paura e timore di fronte a questo spreco di spazio-tempo. Per non farci prendere dalla malinconia ci siamo messi alla ricerca di forme di vita extra-terrestri: da un lato i Rover marziani cercano microbi, dall’altro i radiotelescopi analizzano lo spettro elettromagnetico nella speranza di riconoscere un segnale ... c’è anche chi ha risolto l’eterno problema dei finanziamenti enunciando che ET è già fra noi. Il povero Homo Sapiens che fino a 400 anni fà si credeva centro e padrone del tutto, si ritrova a metà del secolo scorso ad essere un accidente evolutivo (si stima che sulla Terra siano esistite decine di miliardi di specie diverse), sbattuto su un piccolo pianeta roccioso attorno ad un’anonima stella “G” in un braccio periferico di una galassia a spirale immersa in un super-ammasso composto da milioni di altre galassie in un Universo finito temporalmente ma (forse) infinito spazialmente.

Fin qui tutto chiaro (o quasi), ma esiste anche una parte oscura!  Infatti, l’uso di  strumenti sempre più evoluti e complessi, permise già nel 1940 di notare un’anomalia nelle velocità di rotazione delle stelle attorno ai centri galattici; il successivo avvento dei radiotelescopi confutò la “decrescita Kepleriana” che prevede una diminuzione della velocità di rotazione all’aumentare della distanza del corpo centrale. Questa osservazione, oggi confermata da innumerevoli esempi, ha due spiegazioni possibili: la prima prevede una modifica della teoria di gravitazione universale (difficile da accettare), mentre la seconda richiede la presenza di massa invisibile nella galassia e nel suo alone. Nacque dunque l’ipotesi della materia oscura, entità inosservabile dall’occhio umano e dai telescopi, che si manfesta unicamente attraverso i suoi effetti gravitazionali. Oggi possiamo affermare che un quarto della massa totale dell’universo è fatto da particelle la cui identità è ancora ignota. Sono state formulate numerosi ipotesi in conformità di due fatti fondamentali: la materia oscura è stabile ed interagisce poco con la materia ordinaria se non tramite la forza gravitazionale; ecco perchè si parla tanto di assioni, neutralini, WIMP, neutrini pesanti, monopoli magnetici,..

A fine degli anni ’90, nel secolo scorso, ebbe luogo una scoperta rivoluzionaria (anch’essa da Nobel): analizzando il red-shift di supernovae esplose in remote galassie a distanze cosmologiche (> 5-6 miliardi di anni luce), si scoprì che queste galassie, in realtà, sono tutte animate da una velocità di recessione che accelera con la distanza! Che l’universo fosse in espansione, era cosa nota già da settant’anni grazie alle famose osservazioni di Hubble con il telescopio di Monte Palomar.  La costante di Hubble (pari a circa 67 km/s/Mpc) ci dice che più lontano osserviamo, maggiore è la velocità relativa di allontanamento, ad esempio la galassia M90 nella Vergine si allontana di oltre 4 milioni di km/h, oltre il doppio rispetto alla più vicina M101 nell’Orsa Maggiore, ma nulla rispetto alle centinaia di milioni di km/h dei quasar più lontani. In contrasto con la nuova evidenza sperimentale, era opinione comune che tale espansione fosse destinata a rallentare quando l’abbrivio iniziale del Big-Bang si fosse diluito in un volume sufficientemente ampio (e qualcuno ipotizzava scenari cosmologici ciclici, convinti che la gravità poteva vincere contro l’espansione: Big Crunch).

Invece no ... l’analisi dettagliata della radiazione a micro-onde ottenuta tramite apposite sonde (COBE, WIMAP e ora Planck) ha confermato questa espansione accelerata dovuta al contributo anti-gravitazionale del vuoto! In parole povere il vuoto cosmico, lungi dall’essere privo di interesse e “vuoto” è invece pervaso di energia negativa molto diluita (ricordate la costante cosmologica di Einstein?): soli 30 MWh per anno luce cubico (in pratica l’energia contenuta in un cubo avente come lato la distanza Sole-Alfa Centauri risulta pari al consumo energetico annuo di 50 famiglie italiane!), ma essendo l’universo enormemente esteso, considerando l’equivalenza fra massa ed energia (E=mc2), il suo contributo diventa predominante: al punto tale che, buona parte di tutta la massa dell’universo oggi è imputabile a questa energia del vuoto, giustamente definita Energia Oscura! Qualche settimana fà sono stati pubblicati i dati ottenuti dall’analisi della sonda Planck dell’ESA (vedi foto allegata) che, osservando l’eco del Big-Bang (radiazione cosmica di fondo nelle micro-onde), conferma senza più dubbi la seguente ricetta: solo il 4,9 per cento della massa dell’universo è costituito da materia ordinaria, il 68,3 per cento è costituito da energia oscura (un po’ meno di quanto si pensava), e il 26,8 per cento da materia oscura (di più di quanto prima stimato). Ciò significa che ignoriamo ancora di che cosa sia fatto il 95 per cento dell’universo: tutto ciò che vediamo (quark, elettroni e neutrini: materia barionica) rappresenta un ventesimo del totale, ed è largamente diffuso nelle distese di gas interstellare (solo un decimo è concentrata nelle stelle e nei pianeti). Morale della favola: la massa visibile dell’universo è solo lo 0.5 per cento del totale (è un privilegio non trascurabile, che i nostri quark appartengano a questa esile minoranza!).

E non basta: i filosofi scientifici e i fisici teorici, grazie ad alcuni principi di meccanica quantistica, si dilettano a speculare circa l’esistenza di universi paralleli e altre dimensioni spaziali (oltre alle tre solite) a noi inaccessibili, per cui il Big Bang avvenuto 13.82 miliardi di anni fa, sarebbe un evento locale, che si ripete continuamente altrove e all’infinito. L’insieme di questi universi bolla, viene oggi chiamato “multiverso”: un’entità infinita nel tempo e nello spazio e quindi noi saremmo orgogliosamente all’interno di una di queste bolle “di sapone” in espansione, impossibilitati ad uscirne. La prova sperimentale di queste teorie è aldilà delle capacità tecnologiche odierne e forse  anche future. In conclusione, l’onnisciente uomo medioevale, centro e motivazione di tutto ciò che esiste, è precipitato in un baratro socratico, dove però gli resta pur sempre… …. la poesia!

 “Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura....Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il navigar m’è dolce in questo mare.”

BOLLETTINO ASTRONOMICO

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