Osservatorio Astronomico Sormano - Sormano (CO) Italy

La Terra era piccola, azzurra e così toccantemente sola, la nostra casa che doveva essere difesa come una sacra reliquia. La Terra era assolutamente rotonda. Credo di non aver mai saputo cosa significasse la parola rotonda finché non ho visto la Terra dallo spazio.” E con queste sue stesse parole, vogliamo ricordare anche noi Aleksej Leonov, primo uomo a camminare nello spazio, venuto a mancare l’11 ottobre 2019, all’età di 85 anni.

18 marzo 1965: Aleksej A. Leonov segnò la storia della corsa allo spazio e anche della camminata nello spazio. Difatti, nel bel mezzo delle grandi tensioni tra le superpotenze mondiali, il cosmonauta russo fu il primo nella storia dell’umanità a camminare nel vuoto, compiendo così la prima attività extraveicolare di sempre, battendo sul tempo gli Stati Uniti e dimostrando ancora una volta (dopo le imprese di Jurij Gagarin, primo uomo nello spazio, Vostok 1) la superiorità tecnologica dell’Unione Sovietica per quanto riguardasse le esplorazioni e spedizioni extraterrestri.

La sua storia da cosmonauta iniziò nel 1959, quando da sottotenente dell'aeronautica militare sovietica venne selezionato insieme ad altri 19 piloti per l’addestramento da “uomo dello spazio”, facendo così parte del primo gruppo di cosmonauti dell’ Unione Sovietica. Presto, la sua competenza, brillantezza e prontezza di spirito gli aprirono la strada ad una missione importantissima: Voschod 2; insieme al comandante Pavel Ivanovic Beljaev , il 18 marzo 1965 lasciò la sua firma nella storia, compiendo i primi passi di un uomo nel vuoto cosmico, ma la sua impresa non fu semplice come raccontarla. Dopo 12 minuti e 9 secondi di passeggiata a 500 km di distanza dalla Terra e contemplazione del buio, del silenzio e del panorama mozzafiato, attaccato alla navicella da un cavo lungo 4.5 metri, si rese conto che la sua tuta (una Berkut, studiata appositamente per la speciale missione) si gonfiò troppo per la grande differenza di pressione tra interno ed esterno (vuoto cosmico), procurando gravi difficoltà nell’accesso alla camera di decompressione della navicella. Rischiando la vita, egli aprì una valvola di efflusso della tuta che gli permise di diminuire la pressione e quindi il volume eccessivo della tuta, privandolo tuttavia di ossigeno; dopo grande fatica e sangue freddo, entrò prima con la testa e poi con tutto il corpo all’interno della Voschod. Lo sforzo e le temperature eccessive gli fecero perdere 6 chilogrammi di liquidi in 12 minuti, ma le sventure non finirono qui! L’equipaggio dovette condurre il volo in modalità manuale sino a Terra e come se non bastasse, la mancata accensione automatica dei razzi di frenata portò la navicella ad impattare sui Monti Urali, in una zona distante 2000 km dal punto in cui era attesa, in Kazakistan; questa situazione comportò una difficilissima ricerca e molte difficolta nel recuperare l’equipaggio, il quale rimase 3 giorni sulla catena montuosa in attesa di un elicottero che riuscisse ad atterrare e riportarli finalmente a casa.

Aleksej A. Leonov rischiò parecchie volte di perdere la vita, non solo nello spazio: nell’arco di 4 mesi fece tre incidenti stradali; queste vicende, unite ad un conduzione di vita che non rispettava a regime i toni severi dettati dall’Unione Sovietica, lo portarono ad essere un candidato improbabile per il programma lunare sovietico. Nonostante ciò, nel 1971 egli venne scelto come comandante della Sojuz 11, ma per sospetto di possibile tubercolosi tra i membri dell’equipaggio, A. Leonov non partì per quella che poi si rivelerà una missione con esito fatale per il team, che realizzò comunque il record di permanenza nello spazio di allora (tre settimane); le successive missioni del programma, a seguito dell’incidente, vennero cancellate.

Tra gli Stati Uniti e L’Unione sovietica si iniziò a percepire un senso di tregua (oppure l’idea che lo spazio in fin dei conti fosse troppo dispendioso anche per una sola e ricchissima nazione) quando nel 1975 si realizzò l’idea del progetto test Apollo-Sojuz (ASTP), il primo progetto che prevedeva la collaborazione tra le superpotenze, a cui Aleksej Leonov partecipò; si può affermare dunque che quest’uomo giocò un ruolo chiave in uno dei primi tentativi di riappacificazione tra le potenze economiche mondiali. La pace arrivò prima in cielo che in Terra: il 17 luglio 1975, una navicella americana del programma Apollo ed una capsula Sojuz russa si agganciarono, attraverso un opportuno modulo d’aggancio, in un’orbita intorno alla Terra, consentendo ai due equipaggi di potersi trasferire da una navicella all’altra. Grazie alla sua intelligenza e prontezza di fronte alle situazioni avverse, Aleksej Leonov riuscì a portare a termine sempre i suoi importanti ruoli, doveri e piaceri di cosmonauta, diventando un simbolo e modello per le nuove generazioni. Tra le sue doti vi era una profonda sensibilità, che gli permise di vivere al meglio la camminata nel vuoto cosmico e soprattutto di trasmettere all’intera umanità quella sensazione, attraverso quadri e riflessioni. Meravigliato, entusiasta ed estasiato dalle forme e sinuosità della Terra e del perfetto silenzio affermò: “Ciò che mi ha colpito di più è stato il silenzio. È stato un grande silenzio, a differenza di qualsiasi altro che abbia mai incontrato sulla Terra, così vasto e profondo che ho iniziato a sentire il mio stesso corpo: il mio cuore batteva, i miei vasi sanguigni pulsavano, persino il fruscio dei miei muscoli che si muovevano l'uno sull'altro sembrava udibile. C'erano più stelle nel cielo di quanto mi aspettassi. Il cielo era nero profondo, ma allo stesso tempo luminoso per la luce del sole. ”

BOLLETTINO ASTRONOMICO

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