Osservatorio Astronomico Sormano - Sormano (CO) Italy

“Liftoff, lancio effettuato”. Con queste tre semplici parole, pronunciate al Kennedy Space Center di Cape Canaveral alle 13:05 (ora italiana) dello scorso 5 dicembre si è ufficialmente aperta una nuova era dell’esplorazione spaziale. In quel momento e in quel luogo, infatti, è avvenuto con successo il lancio della nuovissima capsula spaziale Orion ad opera del massiccio razzo vettore Delta IV. Il lancio avviene al termine di un periodo estremamente intenso per quanto concerne l’astronautica: sono passati soltanto pochi giorni, infatti, dallo storico atterraggio di Philae (il lander della sonda europea Rosetta) sulla cometa 67P/ Churyumov-Gerasimenko, dalla partenza della prima astronauta italiana, Smantha Cristoforetti, verso la ISS e pochissime ore fa la sonda americana Dawn  ha scattato le prime fotografie al pianeta nano Cerere, preludio all’avvicinamento che si concluderà tra pochi mesi.


In mezzo a tutti questi avvenimenti, il lancio della Orion merita sicuramente un discorso a parte. Originariamente progettata per il programma Constellation (il programma spaziale finalizzato al ritorno dell’uomo sulla Luna, rinviato almeno fino al 2020 per mancanza di fondi), Orion è la prima capsula americana dell’era post-Shuttle e, di conseguenza, come alternativa decisamente più moderna e confortevole alle attuali Sojuz russe, oggi l’unico veicolo in grado di trasportare uomini nella bassa orbita terrestre (se escludiamo le Shenzhou dell’Agenzia Spaziale Cinese). Pur avendo un aspetto simile alle vecchie capsule Apollo, questa nuova navetta è in realtà l’erede diretto del sopra citato Shuttle. Dalla storica navetta ha ereditato la capacità di carico (Orion può trasportare fino a sei astronauti contemporaneamente) e la possibilità di essere riutilizzato, con un enorme risparmio sui costi di lancio rispetto all’era Apollo (una di queste capsule può effettuare fino a 10 missioni consecutive).


Tra le innovazioni più rilevanti, è da segnalare la capacità di potersi agganciare alla Stazione Spaziale Internazionale in maniera completamente automatica, e quindi, può essere utilizzata non solo per il trasporto di astronauti ma anche come capsula per i rifornimenti, esattamente come le attuali Progress russe e le ATV europee ma con una capacità di carico decisamente superiori. Ma nulla di tutto questo basta a spiegare il lato così rivoluzionario di Orion. La sua caratteristica principale, infatti, è quella di essere stata concepita per il volo nello spazio profondo, ben oltre la bassa orbita terrestre. I progetti futuri della NASA, infatti, prevedono di affidare i collegamenti con la Stazione Spaziale Internazionale a navette privati (come la nuova Dragon, progettata da SpaceX) e destinare la Orion a missioni ben più ambiziosi come un ritorno sulla Luna o un futuro sbarco umano su Marte.


Questa volontà è stata espressa chiaramente fin dal primo lancio: la nuova capsula ha infatti orbitato ad una quota di 6000 Km, contro i circa 400 della ISS e dello Shuttle; inoltre, il rientro sulla Terra (al fine di testare i sistemi di atterraggio, l’aerodinamica e lo scudo termico) è avvenuto ad una velocità di 32000 Km/h, ben superiore ai soliti 27000 con cui rientrano Sojuz e Shuttle dalla bassa orbita terrestre e molto simile a quella con cui ammaravano le vecchie Apollo. Una navetta di ultima generazione, dunque, per inseguire missioni ambiziose. Già nell’immediato futuro (fine 2017-inizio 2018) è previsto, dopo il completamento del lanciatore SLS, il primo volo in orbita lunare, mentre intorno al 2020-2021 avverrà il primo volo con equipaggio umano a bordo. Non c’è che dire: le storiche rampe di lancio 37 e 39 torneranno finalmente ad avere un ruolo da protagonista nell’esplorazione spaziale!

BOLLETTINO ASTRONOMICO

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