Osservatorio Astronomico Sormano - Sormano (CO) Italy

Una splendida lettera nel cielo, scritta in un elegante stampatello maiuscolo utilizzando un inchiostro nero su un foglio costituito da centinaia di stelle di ogni colore, età e dimensione: questo è ciò che è possibile vedere puntando il nostro sguardo in direzione della costellazione dell’Aquila, a poca distanza dalla luminosissima Altair. La nebulosa B 143, visibile nel dettaglio nella fotografia riportata qui accanto, assieme alla vicina B 142 costituisce infatti la cosiddetta “E di Barnard”, apprezzabile nella sua interezza nella seconda immagine a grande campo.

Questo oggetto è stato così denominato in onore di Edward Emerson Barnard, astronomo statunitense noto soprattutto per la scoperta della stella che porta il suo nome ma in realtà scienziato molto eclettico e avanguardista: egli fu infatti un pioniere dell’astrofotografia e grande studioso di nebulose, al punto da sviluppare un suo catalogo analogamente a quanto fatto da Charles Messier. Ma le nebulose sono solitamente oggetti estremamente colorati e variopinti; da dove deriva dunque questa tonalità nera così marcata, che rende la “E” così nitida e ben visibile? Generalmente le nebulose devono la loro colorazione alle fatto che i gas che le compongono vengono scaldati dalle stelle vicine ed emettono radiazioni luminose diverse in base agli elementi chimici che la costituiscono (le cosiddette nebulose ad emissione): è ciò che avviene con la celebre M42, la Grande Nebulosa di Orione. In altri casi, invece, questi gas agiscono come degli specchi, riflettendo in diverse direzioni la luce delle stelle attigue (in questo caso, si parla di nebulose a riflessione): ne è un esempio la Iris Nebula.

La E di Barnard, invece appartiene ad una terza e più curiosa categoria, quella delle nebulose oscure. In questo caso, il segreto non è emettere luce ma assorbirla completamente; questi oggetti, infatti, contengono non solo gas ma anche una discreta quantità di polvere, la quale blocca completamente la luce di tutte le stelle sullo sfondo e nelle immediate vicinanze: il risultato è una macchia scura estremamente marcata e facilmente riconoscibile, che può assumere le forme più disparate (l’esempio più famoso e peculiare è costituito probabilmente dalla Testa di Cavallo in Orione). Le nebulose oscure sono state un grosso interesse da parte di Barnard e ne hanno catalizzato gran parte del suo lavoro, tanto che nel 1919 pubblicò la prima versione del suo già citato catalogo, raccogliendo ben 182 di questi oggetti sotto il titolo Segni Oscuri nel Cielo. Nel caso della E di Barnard, la B 143 è la nebulosa più grande, densa e compatta delle due che la compongono; questo è facilmente deducibile dal fatto che essa è caratterizzata da un nero molto più intensa, mentre la B 142 lascia passare una piccola parte della luce delle stelle vicine risultando pertanto più opaca. Globalmente, la E è un oggetto piuttosto grande (ha più o meno lo stesso diametro apparente della luna piena) e relativamente vicino (dista “soltanto” 2000 anni luce). Questo la rende una formazione abbastanza semplice da osservare, alla portata anche di uno strumento amatoriale. Se poi aggiungiamo anche il fatto che la vicina e luminosissima Altair costituisce un ottimo punto di riferimento per individuarla facilmente, allora questa coppia di nebulose non può assolutamente mancare durante le nostre serate di osservazione!

L'immagine principale è stata ripresa con lo strumento più importante del nostro osservatorio ad una focale di 3500 mm. A scalare, nelle altre immagini, c'è una veduta più ampia dell'area che circonda B143 e B142 , ottenuta dall'amico Davide Trezzi con un piccolo strumento di circa 400mm di focale ed infine nell'ultima immagine a grande campo ripresa con una reflex corredata da  un medio teleobiettivo di 120 mm si vedono anche la luminosa Altair ed una vasta area di nubi oscure della Via Lattea.

BOLLETTINO ASTRONOMICO

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